Debiti con il Fisco, cambia la norma per il pignoramento della pensione: è ufficiale

Le regole sul pignoramento delle pensioni sono cambiate, in virtù di quanto stabilito dal Decreto Riscossione: tutte le novità già in vigore dallo scorso 1° gennaio.

Cambiano le regole sui pignoramenti delle pensioni in caso di debiti con l’Agenzia delle Entrate. A stabilire le nuove disposizioni in materia di cartelle esattoriali, in vigore già da quest’anno, il Decreto Riscossione (D.Lgs. n. 110/2024).

Euro martello tribunale
Debiti con il Fisco, cambia la norma per il pignoramento della pensione: è ufficiale (Synergie.it)

In particolare, è stata modificata la procedura per l’avvio del provvedimento sui trattamenti pensionistici che avverrà in maniera più rapida rispetto al passato e senza l’invio di una cartella esattoriale preventiva al debitore. La nuova procedura, però, sarà valida solo per il mancato pagamento di alcune imposte e non per tutte le cartelle affidate all’Agente di Riscossione.

Pignoramento della pensione, cosa prevedono le nuove disposizioni

Sono già entrate in vigore le nuove procedure per il pignoramento delle pensioni in caso di determinati debiti con il Fisco, come stabilito attraverso il Decreto Riscossione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale ad agosto dello scorso anno.

Agenzia delle Entrate-Riscossione
Pignoramento della pensione, cosa prevedono le nuove disposizioni (Foto da Ansa) – Synergie.it

Con le nuove disposizioni verranno accorciate le tempistiche di pignoramento delle pensioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il Fisco, difatti, non è più tenuto ad inviare al contribuente una cartella esattoriale preventiva che solitamente precedeva il provvedimento di pignoramento dell’assegno pensionistico. Il solo accertamento esecutivo farà scattare la procedura entro 60 giorni dalla notifica.

Inoltre, come scrive la redazione di Money.it, trascorsi i 30 giorni dalla scadenza del pagamento, il Fisco può già procedere con il pignoramento. La nuova procedura sarà valida solo per determinate imposte, come quella di successione, sulla pubblicità o di registro. Non solo, rientrano anche i crediti di imposta utilizzati in modo indebito, dunque, cartelle esattoriali per Irpef, Imu, Tari e agevolazioni non spettanti.

Rimangono in vigore i limiti per il pignoramento che non può superare il 20% dell’importo eccedente del minimo vitale, corrispondente al doppio dell’Assegno Sociale (circa 1.077 euro per il 2025). Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate cambiano i limiti: la parte di pensione che può essere “aggredita” è un decimo della parte eccedente al minimo vitale se l’assegno non supera i 2.500 euro al mese; un settimo se è compresa tra 2.501 euro e 5mila euro al mese; un quinto per importi superiori a 5mila euro. Per fare alcuni esempi: un pensionato che percepisce 1.500 al mese può avere pignorato solo al massimo circa 43 euro al mese (1.500 – 1.077/10), mentre su un assegno di 6mila euro l’Agenzia delle Entrate possono essere pignorati circa 985 euro.

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